Siamo ormai agli sgoccioli dell’anno 2020 e, anzi, per usare una similitudine motoristica si potrebbe dire che siamo ormai alle ultime curve dell’ultimo gran premio della stagione, quindi il momento adatto per tirare le somme di ciò che è stato quest’anno per quel che riguarda il motorsport.
Chiaramente il virus Covid-19 ha influito pesantemente sulla scena motoristica mondiale, e i vari campionati son dovuti correre ai ripari accorciando e aggiustando alla meno peggio le loro trasferte in giro per il globo; in Formula 1 ad esempio abbiamo visto il ritorno di circuiti storici come quello di Imola o l’esclusione di tracciati che eravamo abituati ormai a vedere da anni come quello di Interlagos, nel WRC invece abbiamo visto l’inclusione del “Rally di Monza” che fino all’anno scorso era prettamente un evento quasi “dimostrativo” seppur comunque con la partecipazione di piloti del calibro di Andreas Mikkelsen e Thierry Neuville, ormai mostri sacri della massima competizione rallystica.
Una cosa ha accomunato tutte queste modifiche, posticipazioni o cancellazioni; l’assenza di pubblico sugli spalti, un qualcosa che non si vedeva da anni o che forse non si è mai visto da quando le prime automobili hanno cominciato a darsi battaglia sulle polverose strade di inizio novecento, questo ha costretto i fans ad attaccarsi al televisore e ai tablet per tifare i propri piloti la domenica pomeriggio.
Un’annata davvero particolare che gli appassionati difficilmente dimenticheranno, ma una domanda sorge spontanea; tutto il male vien sol per nuocere?
Se ci fermiamo ad analizzare ciò che è successo in realtà forse questa stagione è stata una tra le più elettrizzanti degli ultimi anni, con scuderie e piloti quasi catapultati in una realtà a cui nessuno era più abituato, ovvero trovarsi ad affrontare gare su circuiti su cui non si correva da ormai più di un decennio quindi con la possibilità di testare la macchina in pista solo nel weekend creando di fatto una situazione di cosiddetto “hype” tra tutti gli appassionati , hype che poi (purtroppo) non si è sempre concretizzato ma ha dato vita a qualche colpo di scena inaspettato come ad esempio in F1 i podi di giovani piloti come Norris o Ocon, la pole position di Stroll in Turchia o il colpo di scena del pit stop di Russell che sostituiva un Hamilton positivo al covid ma già campione del mondo o, parlando di rally, un Umberto Scandola che si ritrova in prima posizione alla fine di una prova speciale davanti a piloti ben più accreditati che fino all’ultimo evento si contendevano la corona iridata facendo ritornare un Italiano in testa dopo più di una decade.
Insomma i colpi di scena non sono affatto mancati quest’anno nonostante i nomi dei vincitori dei vari campionati maggiori siano stati gli stessi che leggiamo da svariati anni, questo forse ci fa anche riflettere che il motorsport non ha bisogno di arrivare ad avere 25 eventi a stagione o ricorrere a regole “da videogame” per poter essere interessante ed avvincente ma probabilmente basta qualche circuito vecchia scuola e qualche click di telemetria in meno per poter creare gare spettacolari e risvegliare l’amore per le corse automobilistiche che purtroppo ultimamente è un po’ scemato complici probabilmente le gare a risultato scontato e forse anche un interesse da parte dei media tricolori un po’ troppo superficiale e approssimativo.
In sintesi un 2020 che faticheremo a scordare in tutti i sensi e, che per mille ragioni, ci fa scalpitare nervosamente per schiacciare il pedale dell’ acceleratore per portarci sulla griglia di partenza del 2021 e vedere se la FIA ci riserverà qualche sorpresa, si comincia già fra qualche settimana sulle sabbiose terre dell’Arabia Saudita con l’edizione numero 43 della Dakar dove Carlos Sainz difenderà il titolo di campione nella categoria automobili, mentre il figlio del “Matador” fra qualche mese si ritroverà al via di un Gran Premio al volante di una Ferrari al fianco del monegasco Charles Leclerc.
La stagione è finita ma l ‘hype è appena cominciato!